Sottotitolo: Essere brand ed essere social.
Quando si parla di contenuti per il web, ci si concentra sempre su concetti chiave come l’utilità, il valore, la buona formattazione e tante altre menate. Sono tutte cose sacrosante. Sicuramente importanti. Ma non bastano assolutamente, c’è dell’altro.

social media marketing

Quando devo descrivere un contenuto, faccio sempre un esempio che è legato alla mia passione per le immersioni subacquee. Per chi ama questo sport, l’esperienza più grande è calarsi nel blu del mare, senza nessun riferimento se non la poca luce che viene dalla superficie. Lì sotto, nel blu, ognuno vive il mare in un rapporto assolutamente intimo, uno con uno.
Con i contenuti è la stessa cosa. L’idea di contenuto non è legata alle tecniche di scrittura creativa, all’attenzione delle forme piuttosto che della punteggiatura. Il valore di un contenuto è legato alla sua capacità evocativa, alla sua capacità di generare pensieri, ricordi, riflessioni e di riportare alla mente immagini già radicate nel nostro pensiero.

Una marca incarna una serie di valori e su questi fa la sua narrazione d’impresa, è quello che si definisce brand purpose.

Ma quando questa realtà è costruita a tavolino la marca non riesce ad essere veramente vicina a tutto il suo pubblico, ma solo a parte di questo.

In realtà le marche devono imparare ad essere vive, devono (passami il termine) respirare della realtà che le circonda. Un marchio deve far parte della vita delle persone perché con esse condivide gli stessi pensieri, la stessa capacità di opinione, la stessa capacità di prendere posizione.

Il sottotitolo di questo articolo è: Essere brand ed essere social. Ma qui dobbiamo intenderci sul significato di social.

Il social è prima di tutto un “sistema sociale” con le sue logiche, con le sue declinazioni comunicative, che influenza il comportamento delle singole persone, e che, a sua volta, è influenzato dalla collettività.
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Anche qui voglio raccontarti una storia che, penso, possa aiutarti a comprendere bene il concetto di “social”.
Anni fa, quando ero più giovane, andavo spesso a New York. Avevo la passione della “salsa” e nella grande mela c’erano tante possibilità di ballare, studiare, ascoltare musica dal vivo, ecc

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A New York c’erano due tipi di serate: il party e il social. Il party era la serata tradizionale, fatta di formalismo, eleganza, drink al bar e così via. Il social era una festa dove si stava insieme (magari in tuta) per ascoltare la musica, imparare passi nuovi, conoscere nuove persone. C’era chi portava da bere, chi portava la musica, chi portava l’amico venuto dall’Italia. Inutile dire che, per chi voleva vivere l’atmosfera del ballo e della musica, il “social” era la migliore esperienza.

Come molti termini inglesi, “social” è difficilmente traducibile in italiano perché non è solo un termine, ma è una dinamica culturale, un modo di essere insieme e di vivere esperienze, cultura, vita di tutti i giorni come comunità e dove il gruppo è più importante del singolo.

Per una marca, essere social vuol dire far parte di un mondo, portare il suo contributo non alla sua storia ma alla storia di tutto il sistema.

Per chiarire meglio cosa vuol dire essere Social per un marchio, voglio citare Ceres.
In occasione del #fertilitday, hanno detto la loro, con ironia, e con lo stesso linguaggio di uno di noi. Soprattutto hanno avuto la forza di avere una propria idea (come uno di noi) e di esprimerla.

social media ceres

Il brand ha una sua identità che si esprime, con un pensiero chiaro. Se ragionassimo in termini esclusivamente didattici diremmo che sono sul pezzo, pronti a sfruttare le dinamiche della società e a seguire i flussi culturali ed espressivi della società. Tante belle parole, ma complicate per un concetto che deve essere semplice per essere efficace. Il tema è che una marca prende una posizione, questo sì, ma senza prevaricazioni (come si fa tra buoni amici), con un pizzico di ironia riporta il sorriso e alleggerisce un contesto che in certi momenti è diventato pesante.
La cosa veramente figa, ciò che poi rende il marchio vivo, è stata partecipare alla conversazione che si è sviluppata nei commenti. Alla fine, come in un “social”, se ci fosse stata un po’ di salsa, avrebbero anche ballato.